
Non le sfugge, naturalmente, che per le strade gira anche chi continua a votare centrodestra, quasi la metà del corpo elettorale…
«Certo, non mi sfugge. Le elezioni ci consegnano uno scenario complesso, molto diverso da quello che, ancora poche ore prima dello scrutinio, i sondaggi avevano delineato…».
Come lo spiega?
«La campagna elettorale è stata caratterizzata da uno scontro politico molto aspro che ha prodotto una mobilitazione del corpo elettorale più vasta di qualsiasi altra consultazione precedente. Le cito un dato: nel 2001 astensioni e schede bianche ammontavano a tre milioni. Nel 2006 sono scese a un milione. Gli italiani che hanno votato sfiorano i 39 milioni, la più alta cifra di voti validi da tempo immemorabile…».
Aveva ragione Berlusconi a sostenere che un'alta percentuale di votanti avrebbe favorito la Cdl?
«Avrebbe avuto ragione se avesse vinto, ma così non è. C'è stato un vastissimo afflusso alle urne e ha vinto il centrosinistra. In ogni caso, quanto più alta è la partecipazione al voto, tanto più è solido il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni. L'altissimo numero di elettori, però, deve indurci ad analizzare il voto partendo dalle cifre assolute, più che dai dati percentuali. Vorrei fare l'esempio dei Ds…».
Il dato dei Ds non era quello che vi attendevate…
«Arriverò anche a questo. Parto da una premessa. Il risultato ottenuto dal mio partito non può essere valutato comparando il 17,5% del Senato con il 16,2% della Camera di cinque anni fa. La platea elettorale è cambiata in maniera consistente dal 2001. E, a parte l'improprietà di comparare il Senato alla Camera, dove votano i giovani dai 18 ai 25 anni che questa volta si sono pronunciati in gran parte per l'Ulivo e che in buona parte avrebbero votato per il nostro simbolo. A parte questo, dicevo, sono le cifre assolute che danno il segno. E questo per via del livello di partecipazione enormemente più alto nel 2006 di quello delle politiche del 2001, delle amministrative, delle regionali, delle provinciali e delle europee».
E cosa dicono le cifre assolute?
«Dicono che i Democratici di sinistra prendono più voti di quelli che hanno avuto da quando nacque il Pds, con la sola eccezione del 96. I Ds sono il primo partito del centrosinistra in 18 regioni su 20 e in molte regioni, poi, siamo in assoluto la prima forza politica».
Berlusconi veniva dato per sconfitto. Come ha fatto a recuperare sfiorando la vittoria?
«La sua campagna elettorale ha prodotto un ricompattamento consistente dell'elettorato di centrodestra. Berlusconi ha conseguito questo obiettivo con una legge congegnata appositamente per rompere ogni rapporto tra territorio e Parlamento, con la sparizione dei collegi, e per tagliare l'identificazione tra elettori ed eletti, con l'abolizione delle preferenze. Così ha scardinato due punti tradizionalmente favorevoli al centrosinistra, il peso dell'organizzazione politica diffusa nel territorio e il ruolo dei candidati, mediamente più credibili di quelli del centrodestra».
Quanto ha pesato la tv?
«È l'altra faccia della medaglia. Quella legge elettorale, infatti, ha consentito a Berlusconi di costruire un rapporto diretto di tipo populistico, leader-popolo, mediato dalla televisione. E in questa campagna elettorale gran parte del rapporto tra politica ed elettori è passato attraverso la tv».
Ha cambiato campo, cercando di giocare la partita in casa, in sostanza…
«Proprio così: con quella legge ha modificato il terreno della competizione elettorale, per averne uno più favorevole…».
E senza la par condicio avrebbe fatto bingo?