
E, difatti, il grande Sandro fece sempre un uso parco della Tv, ma quando la usò furono fuoco e fiamme. Come le clamorose intemerate che, da capo dello Stato, fece appunto per gli scandalosi ritardi nei soccorsi alle popolazioni dell’Irpinia terremotata, e per uno sciopero corporativo che aveva bloccato il traffico aereo.
Queste cose (e tante altre) sovvengono al cronista che sfoglia i “Discorsi parlamentari, 1945-1976” di Sandro Pertini, èditi da Laterza per la collana Voci dal Parlamento della Fondazione Camera dei deputati (e che si tratti anche e proprio di “voci” testimonia il Dvd allegato al volume, che contiene anche spezzoni di documentari, riprese, ecc. che ti restituiscono l’inconfondibile ritratto del presidente più amato dagli italiani). Inconfondibile e rispettosissimo quel “signori” con cui il combattente socialista si rivolgeva frequentemente agli interlocutori, in aula come nelle piazze. Inconfondibile quella prosa severa e appassionata con cui si fece portavoce, dopo tanti anni di carcere fascista e per tutta la stagione repubblicana, dei valori dell’antifascismo, della Resistenza, della lotta per la libertà. Vale la pena di segnalare, a questo proposito, un discorso di Pertini da deputato socialista.
E’ l’estate 1950. Il maresciallo Alexander, che era stato comandante delle forze inglesi in Italia (e in quella veste aveva invano preteso che i partigiani deponessero le armi mentre era ancora in corso la Liberazione) aveva scritto un articolo che tendeva a ridimensionare il ruolo dell’insurrezione popolare nella sconfitta del nazifascismo per puntare sul “ruolo determinante” unicamente degli alleati. Lui replica in aula con un tremendo ed esaltante elenco: le esaltanti Quattro giornate di Napoli, la tragica resistenza a Porta San Paolo, l’agghiacciante massacro delle Fosse Ardeatine, le popolazioni trucidate sulla Linea Gotica, la Repubblica dell’Ossola…un elenco impressionante, pagine e pagine di resoconto stenografico che un corrispondente inglese trasmetterà ad Alexander. Non ci sarà replica.
E inconfondibile anche certa sua furbizia, anche nel respingere tutte le suggestioni/tentazioni di incarichi di governo: nella prefazione alla suggestiva raccolta, il sen. Antonio Maccanico (che Pertini chiamò al Quirinale come segretario generale della presidenza) riferisce una straordinaria confidenza che gli fece il presidente. “Mi confessò un giorno – racconta Maccanico – che all’epoca dei governi del Cln, durante una delle crisi che si ebbero in quel periodo, egli ebbe notizie che Pietro Nenni, segretario del suo partito, aveva pensato a lui come ministro dell’Interno”. Come reagì Pertini? “Poiché non aveva alcuna intenzione di assumere quel ruolo, organizzò rapidamente una manifestazione al teatro Brancaccio durante la quale pronunciò un discorso molto violento che valse subito a dissuadere tutti dall’idea di affibbiargli la responsabilità di quel delicatissimo ministero”…
Ancora un ricordo, sollecitato da una commossa commemorazione, nel 1964, della scomparsa del pittore Giorgio Moranti: “mai vi è stato artista che piùdi lui abbia saputo identificare la propria vita con la propria arte: pura e semplice l’arte di Moranti, pura e semplice la sua vita”. Forse non molti sanno (i più giovani) o ricordano che Sandro Pertini fu infatti anche un gran cultore ed esperto di arti figurative. Grazie a lui (e alle sue forti amicizie con tanti uomini d’arte) la Camera acquisì nel suo decennio di presidenza un notevole patrimonio di dipinti, grafica, bronzi e legni di assai grande valore: dallo stesso Morandi a Manzù, da Silone a Marini, da Guttuso (tra cui un “Cristo deriso” coevo della celebre “Crocefissione”) a Campigli, da De Chirico, a Sironi, a Mafai, a tanti altri. E bisognava vedere con quanto amore aveva collocato nel suo studio a Montecitorio le opere più belle. Nilde Iotti non toccò più tardi un solo quadro. E neanche Giorgio Napoletano. Ma poi venne Irene Pivetti, e fece il repulisti: non li distrusse, bontà sua; ma li confinò in ambienti lontani. Ma questa è un’altra storia, triste e trista.